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COMUNISMO IN BORSA

L’IMPRESSIONE – Gazzetta di Foligno n. 29 del 3/8/2003

COMUNISMO IN BORSA

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E’ la Cina la fabbrica del mondo. Così titola il “Corriere della Sera” del 24 Luglio scorso in un servizio a firma di Taino Danilo dal quale si apprende che nella Repubblica Popolare Cinese si producono la maggior parte della lavatrici e dei refrigeratori su scala mondiale, il 70% delle fotocopiatrici e ben sei miliardi di scarpe e che gli operai percepiscono un salario di 36 centesimi di dollaro all’ora a patto che lavorino tra le 65 e le 70 ore a settimana. A costi così bassi, è ovvio che mezzo mondo scelga di andare a produrre in Cina. “Arricchirsi è glorioso”, proclamò nel 1984 il primo ministro Deng Xiaoping. Nel più grande paese di tradizione comunista, si moltiplicano i “nuovi ricchi” e gli investimenti di borsa, tempio per eccellenza di quello che era l’odiato capitalismo. Se in Cina il “comunismo” che prospera in borsa è ormai una solida realtà economica, da noi, invece, potrebbe essere il solito fenomeno effimero. Questo simbolo di falce e martello su una “borsa”, intesa però come accessorio da donna, per ora resta un fatto isolato, rilevato recentemente per le vie del Centro. Staremo a vedere se, nel clima di continue ed infuocate polemiche, diventerà un segno di distinzione politica oppure la solita moda che passa.

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